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Per semplicità abbiamo suddiviso i molti luoghi d'interesse del territorio in base al comune di locazione. In questo modo vi sarà possibile capire che cosa visitare e soprattutto dove. Alla reception sarà sempre a vostra disposizione materiale informativo specifico nel caso in cui abbiate interesse ad approfondire la conoscenza di ogni punto d'interesse.

Scavi archeologici - Grotta del Clusantin e Rio Secco

Grotta del Rio Secco

La Grotta del Rio Secco, sull’Altopiano di Pradis è uno dei rari siti del Paleolitico Medio italiano ed europeo ad aver restituito tracce certe dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neandertal.
Il sito, di recente scoperta e di grande suggestione, è costituito da un vasto riparo sulla riva sinistra del torrente Rio Secco a circa venti metri di altezza rispetto al letto attuale. Al centro del riparo si apre un’ampia cavità che al momento della scoperta era quasi totalmente riempita da sedimento e detriti.
Il potenziale archeologico di questo particolare luogo venne svelato da un sondaggio che l’Università di Ferrara svolse nel 2001, con il quale vennero alla luce reperti significativi e indicativi di ripetute frequentazioni della cavità tra il Paleolitico Medio e il Superiore.
Le datazioni, ottenute su ossa e carboni, tra 48 e 31.000 anni, fanno del sito uno dei contesti con l’evidenza più recente della presenza dell’uomo di Neandertal e più antica dell’uomo Moderno in Italia Nord-Orientale.

La grotta del Rio Secco è visitabile al pubblico solo durante le "Giornate della Preistoria" con l'accompagnamento della guida. Entrare senza permesso, manomettere il sito archeologico e prelevare reperti è reato.

Grotta del Clusantin

Oggetto di un’approfondita indagine condotta dall’Università di Ferrara nel 2005, questa piccola cavità costituì un riparo per cacciatori-raccoglitori epigravettiani di 14.000 anni fa, quando l’Europa era già da tempo colonizzata da Homo Sapiens. Il 91% dei resti faunistici appartengono a marmotte e il loro studio ha rivelato come il Clusantin fosse un sito di caccia specializzata, dove le carcasse del roditore venivano lavorate per ottenere pellicce e carne.
Di notevole interesse sono le selci impiegate nel sito, perlopiù provenienti da lunghe distanze, e i tipi di armi e di utensili rinvenuti, i quali mostrano un adattamento alla particolare preda.
Dal 2010, la Grotta e la dolina antistante diventano un teatro naturale per le “Giornate della Preistoria”, un appuntamento annuale con laboratori di archeologia didattica, visite guidate e seminari a tema.
Grotta del Rio Secco

La Grotta del Rio Secco, sull’Altopiano di Pradis è uno dei rari siti del Paleolitico Medio italiano ed europeo ad aver restituito tracce certe dell’uccisione e del consumo dell’orso da parte dell’uomo di Neandertal.
Il sito, di recente scoperta e di grande suggestione, è costituito da un vasto riparo sulla riva sinistra del torrente Rio Secco a circa venti metri di altezza rispetto al letto attuale. Al centro del riparo si apre un’ampia cavità che al momento della scoperta era quasi totalmente riempita da sedimento e detriti.
Il potenziale archeologico di questo particolare luogo venne svelato da un sondaggio che l’Università di Ferrara svolse nel 2001, con il quale vennero alla luce reperti significativi e indicativi di ripetute frequentazioni della cavità tra il Paleolitico Medio e il Superiore.
Le datazioni, ottenute su ossa e carboni, tra 48 e 31.000 anni, fanno del sito uno dei contesti con l’evidenza più recente della presenza dell’uomo di Neandertal e più antica dell’uomo Moderno in Italia Nord-Orientale.

La grotta del Rio Secco è visitabile al pubblico solo durante le "Giornate della Preistoria" con l'accompagnamento della guida. Entrare senza permesso, manomettere il sito archeologico e prelevare reperti è reato.

Grotta del Clusantin

Oggetto di un’approfondita indagine condotta dall’Università di Ferrara nel 2005, questa piccola cavità costituì un riparo per cacciatori-raccoglitori epigravettiani di 14.000 anni fa, quando l’Europa era già da tempo colonizzata da Homo Sapiens. Il 91% dei resti faunistici appartengono a marmotte e il loro studio ha rivelato come il Clusantin fosse un sito di caccia specializzata, dove le carcasse del roditore venivano lavorate per ottenere pellicce e carne.
Di notevole interesse sono le selci impiegate nel sito, perlopiù provenienti da lunghe distanze, e i tipi di armi e di utensili rinvenuti, i quali mostrano un adattamento alla particolare preda.
Dal 2010, la Grotta e la dolina antistante diventano un teatro naturale per le “Giornate della Preistoria”, un appuntamento annuale con laboratori di archeologia didattica, visite guidate e seminari a tema.

Malga Polpazza - Monte Pala

Il Monte Pala è la seconda vetta più alta del territorio comunale ed è chiamato anche La mont d’Âs in quanto punto centrale dell’antica Pieve d’Asio, riferimento religioso che comprendeva gli attuali comuni di Clauzetto e Vito d’Asio. È possibile fare escursioni e passeggiate e godere dello splendido panorama della vallata; il sentiero è di facile percorribilità da parte di tutti in quanto presenta all’inizio una pavimentazione asfaltata e poi erbosa che si sviluppa mediamente in piano. Salendo si giunge alla malga Polpazza con annessa casera e stalla. Dalla cima, situata dietro la malga si può osservare il panorama raggiungendo lunghe distanze, per mezzo di un cannocchiale. Scendendo, si può deviare sul sentiero in corrispondenza della prima curva (indicazione “alla croce”), giungendo al Çuc da la Maçuele, un cocuzzolo a quota 1109 metri sovrastante la chiesa di San Giacomo, nella quale vi è una grande croce, visibile anche dall’abitato di Clauzetto.
Dalla croce del "Ciuc da la Maciuele" si domina la VaI Cosa, la VaI d'Arzino e la VaI Tagliamento e persino Trieste e i Colli Euganei e si possono far sentire i rintocchi della campana in tutta la vallata.
Il Monte Pala è la seconda vetta più alta del territorio comunale ed è chiamato anche La mont d’Âs in quanto punto centrale dell’antica Pieve d’Asio, riferimento religioso che comprendeva gli attuali comuni di Clauzetto e Vito d’Asio. È possibile fare escursioni e passeggiate e godere dello splendido panorama della vallata; il sentiero è di facile percorribilità da parte di tutti in quanto presenta all’inizio una pavimentazione asfaltata e poi erbosa che si sviluppa mediamente in piano. Salendo si giunge alla malga Polpazza con annessa casera e stalla. Dalla cima, situata dietro la malga si può osservare il panorama raggiungendo lunghe distanze, per mezzo di un cannocchiale. Scendendo, si può deviare sul sentiero in corrispondenza della prima curva (indicazione “alla croce”), giungendo al Çuc da la Maçuele, un cocuzzolo a quota 1109 metri sovrastante la chiesa di San Giacomo, nella quale vi è una grande croce, visibile anche dall’abitato di Clauzetto.
Dalla croce del "Ciuc da la Maciuele" si domina la VaI Cosa, la VaI d'Arzino e la VaI Tagliamento e persino Trieste e i Colli Euganei e si possono far sentire i rintocchi della campana in tutta la vallata.

Cimitero militare di Val da Ros

Il camposanto nacque immediatamente dopo la battaglia di Pradis (5-6 novembre1917), uno dei tanti tentativi da parte dell'esercito italiano di bloccare l'avanzata austro-germanica dopo la disfatta di Caporetto.
Inizialmente, venne organizzato dagli stessi civili del luogo che seppellirono tutti i caduti (sia italiani che austro-germanici) e abbellito nel settembre 1918 dalle autorità tedesche. Terminata la guerra (e l'occupazione), i piccoli cimiteri sparsi nella zona (Pielungo e Forno) vennero dismessi e tutte le salme vennero trasferite in questo, che venne inaugurato nuovamente nel 1920 con la presenza di centinaia di salme (tra cui 218 italiane).

Negli anni '30, con la costruzione dei grandi sacrari militari voluti dal regime fascista, i resti dei soldati italiane vennero trasferiti. Rimangono oggi gran parte delle lapidi originali italiane, alcune tombe tedesche (segnalate dalla croce in pietra) e il monumento centrale (a forma piramidale con diverse lapidi commemorative).

Il camposanto nacque immediatamente dopo la battaglia di Pradis (5-6 novembre1917), uno dei tanti tentativi da parte dell'esercito italiano di bloccare l'avanzata austro-germanica dopo la disfatta di Caporetto.
Inizialmente, venne organizzato dagli stessi civili del luogo che seppellirono tutti i caduti (sia italiani che austro-germanici) e abbellito nel settembre 1918 dalle autorità tedesche. Terminata la guerra (e l'occupazione), i piccoli cimiteri sparsi nella zona (Pielungo e Forno) vennero dismessi e tutte le salme vennero trasferite in questo, che venne inaugurato nuovamente nel 1920 con la presenza di centinaia di salme (tra cui 218 italiane).

Negli anni '30, con la costruzione dei grandi sacrari militari voluti dal regime fascista, i resti dei soldati italiane vennero trasferiti. Rimangono oggi gran parte delle lapidi originali italiane, alcune tombe tedesche (segnalate dalla croce in pietra) e il monumento centrale (a forma piramidale con diverse lapidi commemorative).

Chiesa di San Giacomo

Salendo lo scalone monumentale di 98 gradini si giunge al sagrato della chiesa, una dei punti più panoramici del capoluogo, da dove la vista spazia dai tetti delle sottostanti case della borgata di Triviat fino alla pianura, solcata dal greto del Tagliamento.
La chiesa è a tre navate, divise da arcate sostenute da pilastri in pietra. L'attuale edificazione è successiva al 1610, all'epoca in cui la Pieve d'Asio era retta da Pre Giovanni Mazzarolli.
La ricchezza e l'importanza della chiesa sono testimoniate dall'Altare Maggiore, opera dei celebri altaristi Peschiutta di Gemona e dai sei altari laterali, tutti marmorei, di fattura barocca, particolarmente ricchi per la varietà delle pietre e per l'accuratezza dell'intarsio.
Di particolare pregio i due angeli dell'Altare Maggiore, scolpiti da Giacomo
Salendo lo scalone monumentale di 98 gradini si giunge al sagrato della chiesa, una dei punti più panoramici del capoluogo, da dove la vista spazia dai tetti delle sottostanti case della borgata di Triviat fino alla pianura, solcata dal greto del Tagliamento.
La chiesa è a tre navate, divise da arcate sostenute da pilastri in pietra. L'attuale edificazione è successiva al 1610, all'epoca in cui la Pieve d'Asio era retta da Pre Giovanni Mazzarolli.
La ricchezza e l'importanza della chiesa sono testimoniate dall'Altare Maggiore, opera dei celebri altaristi Peschiutta di Gemona e dai sei altari laterali, tutti marmorei, di fattura barocca, particolarmente ricchi per la varietà delle pietre e per l'accuratezza dell'intarsio.
Di particolare pregio i due angeli dell'Altare Maggiore, scolpiti da Giacomo

Chiesa di San Martino - Pieve d'Asio

Dalla parrocchia di San Giacomo, risalendo dietro il cimitero sulla strada asfaltata che conduce verso Pradis di Sopra, è possibile imboccare, sulla desta, la via che conduce alla pieve di San Martino d'Asio.
Per Peve d'Asio si intende sia il territorio, corrispondente agli attuali Comuni di Clauzetto e Vito d'Asio, che la chiesetta vera e propria che, nel fitto della vegetazione, incontriamo dopo circa 2 km.
In conseguenza delle vicende storiche, la pieve, chiesa matrice di tutte le parrocchie della zona, nate dalla sua disgregazione a partire dalla fine dell'800, si trova oggi nel territorio amministrativo del Comune di Vito d'Asio ma appartiene alla Parrocchia di Clauzetto, a tutti gli effetti erede delle prerogative del Pievano d'Asio.
Le prime notizie certe risalgono all'anno 1186, quando il papa Urbano III menziona in una propria bolla la "Plebs Sancti Martini de Isonia", anche se la prima edificazione della pieve risale probabilmente all'VIII-IX secolo.
Ed in effetti la campagna di scavi archeologici condotta nel 1990/1991 ha dimostrato, come è visibile nell'area retrostante l'attuale edificio, la preesistenza di almeno quattro edificazioni precedenti, probabilmente realizzate e adattate successivamente per aderire alle esigenze derivanti dalla crescente popolazione.
Quella attuale, ristrutturata dopo il terremoto del 1976, fu iniziata nel 1503 e terminata nel 1504.
La Pieve si presenta ai nostri occhi con il caratteristico porticato ad archi in pietra e tutto sesto e con il piccolo campanile a vela al centro della facciata principale.
L'interno, a cui si accede attraverso il portale a sesto acuto, si presenta con tre altari: quello centrale, capolavoro del Pilacorte e quelli laterali dedicati alla Madonna e al Santo titolare della Pieve.

Quest'ultimo riporta un affresco del 1564, in buono stato di conservazione, che rappresenta San Martino e il Povero. Da segnalare la tela di San Rocco, realizzata nel 1576 da Giacomo Secante detto Trombon e l'altare ligneo opera di Girolamo Comuzzo.
L'atmosfera interna alla pieve, particolarmente raccolta e suggestiva, presenta anche un'ottima acustica che ha consentito di recente la realizzazione di alcune incisioni discografiche di musica antica promosse dalla locale Associazione Musicale "Antiqua".
Notevole, dal piazzale esterno, il panorama sulla Valle del Tagliamento.
Dalla parrocchia di San Giacomo, risalendo dietro il cimitero sulla strada asfaltata che conduce verso Pradis di Sopra, è possibile imboccare, sulla desta, la via che conduce alla pieve di San Martino d'Asio.
Per Peve d'Asio si intende sia il territorio, corrispondente agli attuali Comuni di Clauzetto e Vito d'Asio, che la chiesetta vera e propria che, nel fitto della vegetazione, incontriamo dopo circa 2 km.
In conseguenza delle vicende storiche, la pieve, chiesa matrice di tutte le parrocchie della zona, nate dalla sua disgregazione a partire dalla fine dell'800, si trova oggi nel territorio amministrativo del Comune di Vito d'Asio ma appartiene alla Parrocchia di Clauzetto, a tutti gli effetti erede delle prerogative del Pievano d'Asio.
Le prime notizie certe risalgono all'anno 1186, quando il papa Urbano III menziona in una propria bolla la "Plebs Sancti Martini de Isonia", anche se la prima edificazione della pieve risale probabilmente all'VIII-IX secolo.
Ed in effetti la campagna di scavi archeologici condotta nel 1990/1991 ha dimostrato, come è visibile nell'area retrostante l'attuale edificio, la preesistenza di almeno quattro edificazioni precedenti, probabilmente realizzate e adattate successivamente per aderire alle esigenze derivanti dalla crescente popolazione.
Quella attuale, ristrutturata dopo il terremoto del 1976, fu iniziata nel 1503 e terminata nel 1504.
La Pieve si presenta ai nostri occhi con il caratteristico porticato ad archi in pietra e tutto sesto e con il piccolo campanile a vela al centro della facciata principale.
L'interno, a cui si accede attraverso il portale a sesto acuto, si presenta con tre altari: quello centrale, capolavoro del Pilacorte e quelli laterali dedicati alla Madonna e al Santo titolare della Pieve.

Quest'ultimo riporta un affresco del 1564, in buono stato di conservazione, che rappresenta San Martino e il Povero. Da segnalare la tela di San Rocco, realizzata nel 1576 da Giacomo Secante detto Trombon e l'altare ligneo opera di Girolamo Comuzzo.
L'atmosfera interna alla pieve, particolarmente raccolta e suggestiva, presenta anche un'ottima acustica che ha consentito di recente la realizzazione di alcune incisioni discografiche di musica antica promosse dalla locale Associazione Musicale "Antiqua".
Notevole, dal piazzale esterno, il panorama sulla Valle del Tagliamento.

Le grotte di Pradis e il Museo

A Pradis di Sotto, a 300 m dalla piazza in direzione di Clauzetto, incontriamo le Grotte di Pradis, ambita meta naturalistica dal fascino singolare.
La loro bellezza fu esaltata nel 1921 da don Giacomo Bianchini, che in un suo componimento poetico ne prevedeva la valorizzazione. Dopo le prime esplorazioni degli anni '50, nel 1964 il parroco di Pradis di Sotto, don Terziano Cattaruzza, ebbe l'intuizione della loro trasformazione turistica e di lì a poco, con l'aiuto della popolazione promosse la realizzazione dei lavori che resero le grotte visitabili da parte del pubblico. L'anno successivo nacque il Gruppo Speleologico Pradis, che si attivò nelle prime ricerche le quali fruttarono diversi ritrovamenti: resti dell'Ursus spelaeus (orso delle caverne), strumenti di selce, ossa, cocci e carboni di focolare, attribuibili all'uomo preistorico, che frequentò le cavità.
Oggi le parti turistiche sono due. Nella parte superiore si trova la Grotta della Madonna, un vasto salone che ne ospita una statua in ceramica; denominata anche Grotta Verde per la suggestiva colorazione conferita dal sistema di illuminazione, dal 1968 è Tempio Nazionale dello Speleologo. Ogni anno vi viene celebrata la suggestiva Messa Natalizia, ormai divenuta un appuntamento tradizionale assai partecipato.

Con 207 scalini, invece, si può scendere all'Orrido intitolato a Don Bianchini. La profonda forra è stata incisa dal Torrente Cosa che scorre sul fondo creando un emozionante susseguirsi di giochi d'acqua. Dall'imponente Crocefisso bronzeo collocato nella gola rocciosa si dipartono due percorsi: uno conduce in un boschetto dal quale si può ammirare la cascata del Rio Molât che si getta nel Cosa; l'altro con alcuni ponticelli, conduce esattamente sopra la cascata.
Risalendo il corso del torrente si intersecano due cavità che in origine formavano un'unica grotta, ma che l'erosione operata dal torrente ha tagliato in due. Il percorso delle grotte è stato ampliato ed arricchito con un itinerario ad anello lungo l'orlo superiore della forra: a monte la attraversa sull'antico ponte in pietra ad un'arcata (situato sotto il ponte stradale che collega Pradis a Campone), a valle su una passerella posta sopra la confluenza tra il Cosa e il Rio Molât.
A poca distanza dalle Grotte, è stato aperto il Museo della Grotta il quale raccoglie in una mostra permanente i resti paleontologi e reperti archeologici, frutto di rinvenimenti casuali e di recenti indagine scientifiche. Inoltre al suo interno troviamo una curata sezione dedicata ai fossili e ai minerali di provenienza locale. Il Museo è curato e gestito dall'Associazione Culturale di Pradis.
Per orari e costi:
http://grottedipradis.it/info-e-contatti/orari-di-apertura/grotte-di-pradis-orari-e-ingressi/
A Pradis di Sotto, a 300 m dalla piazza in direzione di Clauzetto, incontriamo le Grotte di Pradis, ambita meta naturalistica dal fascino singolare.
La loro bellezza fu esaltata nel 1921 da don Giacomo Bianchini, che in un suo componimento poetico ne prevedeva la valorizzazione. Dopo le prime esplorazioni degli anni '50, nel 1964 il parroco di Pradis di Sotto, don Terziano Cattaruzza, ebbe l'intuizione della loro trasformazione turistica e di lì a poco, con l'aiuto della popolazione promosse la realizzazione dei lavori che resero le grotte visitabili da parte del pubblico. L'anno successivo nacque il Gruppo Speleologico Pradis, che si attivò nelle prime ricerche le quali fruttarono diversi ritrovamenti: resti dell'Ursus spelaeus (orso delle caverne), strumenti di selce, ossa, cocci e carboni di focolare, attribuibili all'uomo preistorico, che frequentò le cavità.
Oggi le parti turistiche sono due. Nella parte superiore si trova la Grotta della Madonna, un vasto salone che ne ospita una statua in ceramica; denominata anche Grotta Verde per la suggestiva colorazione conferita dal sistema di illuminazione, dal 1968 è Tempio Nazionale dello Speleologo. Ogni anno vi viene celebrata la suggestiva Messa Natalizia, ormai divenuta un appuntamento tradizionale assai partecipato.

Con 207 scalini, invece, si può scendere all'Orrido intitolato a Don Bianchini. La profonda forra è stata incisa dal Torrente Cosa che scorre sul fondo creando un emozionante susseguirsi di giochi d'acqua. Dall'imponente Crocefisso bronzeo collocato nella gola rocciosa si dipartono due percorsi: uno conduce in un boschetto dal quale si può ammirare la cascata del Rio Molât che si getta nel Cosa; l'altro con alcuni ponticelli, conduce esattamente sopra la cascata.
Risalendo il corso del torrente si intersecano due cavità che in origine formavano un'unica grotta, ma che l'erosione operata dal torrente ha tagliato in due. Il percorso delle grotte è stato ampliato ed arricchito con un itinerario ad anello lungo l'orlo superiore della forra: a monte la attraversa sull'antico ponte in pietra ad un'arcata (situato sotto il ponte stradale che collega Pradis a Campone), a valle su una passerella posta sopra la confluenza tra il Cosa e il Rio Molât.
A poca distanza dalle Grotte, è stato aperto il Museo della Grotta il quale raccoglie in una mostra permanente i resti paleontologi e reperti archeologici, frutto di rinvenimenti casuali e di recenti indagine scientifiche. Inoltre al suo interno troviamo una curata sezione dedicata ai fossili e ai minerali di provenienza locale. Il Museo è curato e gestito dall'Associazione Culturale di Pradis.
Per orari e costi:
http://grottedipradis.it/info-e-contatti/orari-di-apertura/grotte-di-pradis-orari-e-ingressi/

La grotta delle Agane

Un'attrattiva di grande interesse speleologico è la Grotta delle Agane o Forno della Pagana, che si trova sulla destra del Rio Barquet, tra Anduins e Vito d'Asio e si raggiunge percorrendo la strada che da Vito d'Asio conduce alla Mònt di Vît. La grotta è scavata nel calcare cretaceo, non lontano dal contatto fra questo e le rocce eoceniche. L'apertura è ampia (m. 4x6), rivolta ad est. La grotta consta di un'unica galleria, poco accidentata diretta da est a ovest, lunga 305 metri: a un po' meno di metà percorso è un piccolo corridoio laterale, lungo una trentina di metri. La galleria ha forti dislivelli: è interrotta da sei pozze d'acqua, profonde circa 1 metro al massimo, e termina in un sifone.
Alcune esplorazioni subacquee hanno permesso di percorrere circa duecento metri di gallerie che ospitano una colonia di pipistrelli. L'aspetto misterioso della grotta è all'origine delle numerose storie legate alle sue abitatrici, las Aganas, che secondo un'antica leggenda locale, erano tre perfide creature le quali rapivano i bambini cattivi per mangiarli.
Queste donne, per alcuni tre sorelle, per altri madre e figlie, si dice temessero il suono sacro delle campane che le costringeva ad arrestarsi, scavando con i piedi sulla pietra, nell'intento di proseguire per nascondersi dentro le proprie grotte. Da qui si spiega il motivo per cui venivano raffigurate con i piedi all'indietro.
Un'attrattiva di grande interesse speleologico è la Grotta delle Agane o Forno della Pagana, che si trova sulla destra del Rio Barquet, tra Anduins e Vito d'Asio e si raggiunge percorrendo la strada che da Vito d'Asio conduce alla Mònt di Vît. La grotta è scavata nel calcare cretaceo, non lontano dal contatto fra questo e le rocce eoceniche. L'apertura è ampia (m. 4x6), rivolta ad est. La grotta consta di un'unica galleria, poco accidentata diretta da est a ovest, lunga 305 metri: a un po' meno di metà percorso è un piccolo corridoio laterale, lungo una trentina di metri. La galleria ha forti dislivelli: è interrotta da sei pozze d'acqua, profonde circa 1 metro al massimo, e termina in un sifone.
Alcune esplorazioni subacquee hanno permesso di percorrere circa duecento metri di gallerie che ospitano una colonia di pipistrelli. L'aspetto misterioso della grotta è all'origine delle numerose storie legate alle sue abitatrici, las Aganas, che secondo un'antica leggenda locale, erano tre perfide creature le quali rapivano i bambini cattivi per mangiarli.
Queste donne, per alcuni tre sorelle, per altri madre e figlie, si dice temessero il suono sacro delle campane che le costringeva ad arrestarsi, scavando con i piedi sulla pietra, nell'intento di proseguire per nascondersi dentro le proprie grotte. Da qui si spiega il motivo per cui venivano raffigurate con i piedi all'indietro.

Conte Ceconi e Castello Ceconi

Situato nella frazione di Pielungo, circondato da una fitta foresta che prende il suo nome, il castello Ceconi è la viva testimonianza della vita e delle opere del Conte Giacomo Ceconi di cui di seguito raccontiamo brevemente la sua storia.
Nato nel 1833 da una famiglia povera di Pielungo, verso i 18 anni Giacomo si trasferì a Trieste, dove trovò impiego come manovale presso il cantiere che avrebbe costruito la ferrovia di collegamento tra Vienna e la città portuale. A Trieste frequentò scuole serali di disegno per poter migliorare la sua condizione. Qui si distinse subito per il suo ingegno e la sua laboriosità; nel giro di poco tempo infatti costituì un'impresa e ottenne importanti lavori ferroviari nell'Europa Orientale. Nel 1880 vinse la gara d'appalto per la costruzione della galleria dell'Arlberg, situata tra le regioni del Tirolo e del Voralberg. In soli 4 anni completò i lavori. Fu un evento talmente straordinario che viene ancora ricordato.
Nel 1891, aveva già racimolato una discreta fortuna, tanto che decise di regalare ai suoi concittadini di Pielungo la Strada Regina Margherita lunga 12 km, che collegava agevolmente il suo Paese ad Anduins e alla vallata sottostante. Inoltre costruì scuole e chiese, fu promotore di interventi sociali e culturali per la sua gente. Nel frattempo si ristabilì a Pielungo, costruendo l'importante magione. Tutt'oggi nella storia esistono pochi esempi analoghi di personaggi così generosi e devoti nei confronti del proprio territorio d'origine. Per tutti questi motivi Giacomo ricevette il titolo di Nobile di Montececon dall'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e di Conte dal Re d'Italia Umberto I. Morì nel 1910 e fu sepolto nella tomba di famiglia nei pressi del castello.
Attualmente il Castello Ceconi è stato acquistato da un'azienda privata la quale intende apportare dei miglioramenti alla struttura e al parco circostante per poterne in futuro rendere visitabile una parte al pubblico. Per raggiungere il Castello, arrivare a Vito d'Asio e poi seguire le indicazioni per la frazione di Pielungo. Il Castello si trova a poche centinaia di metri dal paese ed è raggiungibile attraverso una strada asfaltata.
Situato nella frazione di Pielungo, circondato da una fitta foresta che prende il suo nome, il castello Ceconi è la viva testimonianza della vita e delle opere del Conte Giacomo Ceconi di cui di seguito raccontiamo brevemente la sua storia.
Nato nel 1833 da una famiglia povera di Pielungo, verso i 18 anni Giacomo si trasferì a Trieste, dove trovò impiego come manovale presso il cantiere che avrebbe costruito la ferrovia di collegamento tra Vienna e la città portuale. A Trieste frequentò scuole serali di disegno per poter migliorare la sua condizione. Qui si distinse subito per il suo ingegno e la sua laboriosità; nel giro di poco tempo infatti costituì un'impresa e ottenne importanti lavori ferroviari nell'Europa Orientale. Nel 1880 vinse la gara d'appalto per la costruzione della galleria dell'Arlberg, situata tra le regioni del Tirolo e del Voralberg. In soli 4 anni completò i lavori. Fu un evento talmente straordinario che viene ancora ricordato.
Nel 1891, aveva già racimolato una discreta fortuna, tanto che decise di regalare ai suoi concittadini di Pielungo la Strada Regina Margherita lunga 12 km, che collegava agevolmente il suo Paese ad Anduins e alla vallata sottostante. Inoltre costruì scuole e chiese, fu promotore di interventi sociali e culturali per la sua gente. Nel frattempo si ristabilì a Pielungo, costruendo l'importante magione. Tutt'oggi nella storia esistono pochi esempi analoghi di personaggi così generosi e devoti nei confronti del proprio territorio d'origine. Per tutti questi motivi Giacomo ricevette il titolo di Nobile di Montececon dall'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e di Conte dal Re d'Italia Umberto I. Morì nel 1910 e fu sepolto nella tomba di famiglia nei pressi del castello.
Attualmente il Castello Ceconi è stato acquistato da un'azienda privata la quale intende apportare dei miglioramenti alla struttura e al parco circostante per poterne in futuro rendere visitabile una parte al pubblico. Per raggiungere il Castello, arrivare a Vito d'Asio e poi seguire le indicazioni per la frazione di Pielungo. Il Castello si trova a poche centinaia di metri dal paese ed è raggiungibile attraverso una strada asfaltata.

Il sentiero della battaglia di Pradis

Tra i luoghi d'interesse storico inseriamo anche un percorso che si sviluppa tra i comuni di Vito d'Asio e Clauzetto e che vi consente di attraversare il teatro degli episodi bellici svoltisi in questa zona il 5 e 6 novembre 1917.

Distanza 8.7km
Dislivello in salita 405m
Dislivello in discesa 401m
Durata 6:4
Per informazioni più dettagliate sull'itinerario visita:
http://www.tabaccomapp-community.it/percorso/18357

Cenni storici:
http://www.arzino.it/v6/page7.html

Tra i luoghi d'interesse storico inseriamo anche un percorso che si sviluppa tra i comuni di Vito d'Asio e Clauzetto e che vi consente di attraversare il teatro degli episodi bellici svoltisi in questa zona il 5 e 6 novembre 1917.

Distanza 8.7km
Dislivello in salita 405m
Dislivello in discesa 401m
Durata 6:4
Per informazioni più dettagliate sull'itinerario visita:
http://www.tabaccomapp-community.it/percorso/18357

Cenni storici:
http://www.arzino.it/v6/page7.html

Balcone sul Friuli via Gio Maria Fabricio, 17 33090 - Clauzetto (PN) c. +39 331 2483297
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